Meraviglie di Sardegna: il Monte Albo
Immagina una cresta montuosa lunga 13 km dalla quale il tuo sguardo spazia in tutte le direzioni.
Un'imponente fortezza calcarea a difesa delle Baronie. Un luogo aspro e affascinante insieme.
A nord-est e a est il blu del mare chiude l'orizzonte, abbracciando l'isola di Tavolara e, più a sud, tutta la costa, da Posada a Cala Gonone.
A ovest altri monti e paesi sospesi appena sotto le nuvole. Boschi. Prati. Altre cime che vorresti conquistare, perchè appena ti appassioni al trekking il risultato è questo: vuoi salire su ogni cucuzzolo e scoprire cosa si vede da lassù, con la consapevolezza che un solo punto di vista non basta per capire il territorio nel quale viviamo.
Questa isola dalle mille sorprese! Più cammini più ti accorgi di aver strada da fare, e se non ne hai battuto i sentieri in mezzo ai boschi, se non ne hai calpestato le vette, se non hai arrancato risalendo i fianchi dei suoi monti, bè, allora non ne conosci granchè di questa terra incantata.
Dopo la salita a Punta Cupetti non vedevamo l'ora di tornare tra le sue cime di questo monte; c'è qualcosa di magico lassù, sarà il bianco abbacinante del calcare che ti fa entrare in una dimensione particolare, suggerendoti di lasciare a valle le piccolezze del mondo e portare invece con te solo l'essenziale.
Stavolta abbiamo deciso di raggiungere Punta Catirina, con i suoi 1127 metri, partendo dal territorio di Lula, con un percorso ad anello che ci avrebbe consentito di scoprire altre peculiarità del luogo, tra cui la famosa grotta "Omines agrestes", che già da sola vale la fatica.
Dopo l'interminabile serie di tornanti che da Siniscola ci ha portato al luogo in cui avevamo deciso di posteggiare l'auto, abbiamo imboccato un sentiero nel bosco, riparato dalle fronde dei lecci e delle querce. Molto diversa quest'ascesa rispetto al percorso brullo che ci ha condotto la prima volta a Punta su Pizzu e Punta Cupetti, dove abbiamo camminato inerpicandoci tra gradoni di calcare in un paesaggio brullo, punteggiato solo dalla presenza di bassi arbusti e qualche antico tasso.
Usciti dal bosco dopo un paio d'ore di cammino e qualche breve sosta per bere, eravamo ormai sull'altipiano e abbiamo camminato su una grande depressione in cui il bianco della roccia era interrotto dal bruno dei cespugli.
Ed è in quel momento che di nuovo è avvenuto l'incontro col Divino: eravamo due puntini colorati in mezzo al nulla.
Da sempre le montagne hanno rappresentato per l’uomo dei luoghi inaccessibili, misteriosi e per questo spesso sede di divinità. La roccia è divenuta nel tempo simbolo di protezione, salvezza, forza, resistenza e stabilità ed ecco perchè sulle montagne sono stati spesso costruiti luoghi di culto, diventando luogo di incontro con Dio.
In effetti il silenzio e la profonda concentrazione su di noi e sul nostro respiro hanno accompagnato gli ultimi chilometri fino alla vetta. Ancora una volta l'emozione è stata grande!
E' come un dire grazie alla vita per averci permesso di raggiungere questo nuovo traguardo, in termini di bellezza.
Dopo una sosta per rifocillarci e ammirare ancora il panorama dall'alto, abbiamo iniziato la discesa su una pietraia che ha messo a dura prova le nostre gambe già stanche per la salita.
Il sole caldo da una parte era piacevole, ma dall'altra ci costringeva a frequenti soste per placare la sete.
Le sfide comunque non erano ancora finite: arrivati di nuovo ad un pianoro abbiamo ricominciato a scendere verso "Sa Costera - Artudè", poi a salire ripidamente (ma non rapidamente, vista l'ora e la stanchezza) per raggiungere la famosa grotta. Abbandonare sarebbe stato un peccato.
Un'ampia imboccatura conduce dentro una cavità profonda, molto ampia, che presenta anche un piano superiore raggiungibile con una "scala 'e fustes".
Rimanere senza parole è assolutamente normale: vuoi perchè vorresti piangere per la stanchezza vuoi perchè percepisci di trovarti in un luogo in cui pochi avevano facoltà di entrare e rifugiarsi. e la fantasia può solo correre libera ed immaginare.
Ancora persi tra i nostri mille perchè e per come, siamo tornati sui nostri passi, chiudendo la deviazione a bastone per tornare al crocevia dove avremmo dovuto prendere il sentiero per completare
il percorso.
Ci sono state altre brevi deviazioni alla ricerca di vari siti segnalati da nomi curiosi che ci ripromettiamo di indagare meglio, in particolare del famigerato inghiottitoio "Sa Tumba 'e Nurai"...il vento però iniziava a sferzare e la luce pian piano a scendere, per cui abbiamo deciso di concentrarci sulla discesa, in modo da raggiungere al più presto la macchina.
L'ultimo tratto lo abbiamo percorso sulla strada, ammirando la roccia che si colorava di rosa.
Massimiliano Montis ora torneremo per raggiungere Punta Turuddò!
Commenti
Posta un commento
Cosa ne pensi?