Sulle cime di Santu Miali ad accarezzare le nuvole

Questa terra è di una magia straordinaria.

Ci permette di vivere esperienze che a volte sembrano appartenere a mondi paralleli e ci si ritrova in ambienti così diversi tra loro da farci dubitare di essere nella stessa regione.

Scrollata la sabbia candida lambita dalle acque turchesi, riposte le infradito e indossati gli scarponi, si parte per risalire i pendii che dal territorio di Villacidro ci conducono sulle punte di Santu Miali (San Michele).

Quattro cime, di cui tre sopra i mille metri, un altopiano arrotondato sul quale troviamo i ruderi di un'antica chiesa dedicata proprio a San Miali, ma erano sicuramente presenti altri eremi.

Un luogo di preghiera dunque, e basta sentir soffiare il vento e osservare le nubi che spesso abbracciano le punte, per sentirlo dentro che lì puoi incontrare il Divino, se sai accoglierlo.

La salita attraverso sentieri scoperti e altri nascosti nel fitto del bosco diventa un'esperienza spirituale a tutti gli effetti.

I sensi sono vigili e pronti a catturare il gorgoglio dell'acqua che scende zigzagando tra i sassi per poi acquietarsi a valle, presso la diga; il suono del vento tra i rami degli alberi e i profumi delle piante.

Un bosco dai tronchi coperti di muschio ci ha condotto in alto, aprendosi su panorami inaspettati: in lontananza la città di Cagliari distesa verso il mare, la Sella del Diavolo come sentinella attenta e pinnacoli di roccia granitica a delimitare dirupi e gole, vicino a noi.

Usciti dal bosco si inizia a camminare su una gariga coperta in prevalenza da timo selvatico sardo, Thymus herba barona, detto anche Armidda, in sardo, o Alba Barona, in gallurese.

Bellissimo e odoroso lui, la pianta del coraggio e della vitalità. 

Io non temo. Io resisto. Io non ho paura. E scelgo di vivere ed essere quello che sono nel più difficile degli ambienti, sferzato dal maestrale, sfidando le intemperie.

E poi, facendoci strada tra sassi a tratti scivolosi, eccoci in cima.

E lì il cuore si apre nello stesso momento in cui gli occhi abbracciano l'infinito e trovano, lontano, di nuovo il mare, a ricordarci dove siamo.

A nord ovest il Monte Arcuentu e, volgendosi leggermente a destra, la penisola del Sinis e lo stagno di Cabras; ancora a ovest, scendendo verso sud, le cime del Monte Linas e dietro ancora il mare, poi a sud le montagne del Sulcis e, tornando verso est, di nuovo Cagliari.

Tocca il cielo, poi torna, piccolo uomo. Eleva il tuo spirito, assapora la libertà e poi ridiscendi e combatti.

Questo pareva gridare il vento che sferzava forte e gelido.

Questo è per noi camminare. Questo è il significato profondo del nostro fare trekking.

Si può diventare consumatori di paesaggi, raggiungere luoghi e cibarsene con voracità per poi tornare al punto di partenza esattamente come eravamo, oppure si può decidere di intraprendere un cammino in cui la meta da raggiungere è semplicemente il pretesto per incontrare il proprio essere più profondo, in unione con la natura, e scoprirsi, infine, come persone nuove.





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